Mi rivolgo a tutti coloro che continuano a lottare per la liberazione di Aafia Siddiqui: vorrei aggiugere la mia voce ai vostri appelli alla giustizia.
Di tutte le parole che sono state scritte su questo terribile caso, una frase è rimasta impressa nella mia mente: “La vittima è diventata l’imputata”.
Fin dall’inizio del supplizio suo e della sua famiglia, le ferite della dott. Siddiqui, la sua prigionia, la maniera brutale in cui le autorità statunitensi l’hanno trattata, tutto ciò è sempre stato stravolto e utilizzato quale prova della sua colpevolezza.
In questa era, in cui l’aggressione statunitense è dipinta come “aiuto”, in cui gli attacchi dei droni contro gli abitanti dei villaggi in Pakistan sono spacciati a mass media compiacenti come indispensabili alla salvaguardia dei “nostri” interessi, si è permesso che l’esistenza di questa madre si riducesse a quella di un morto vivente.
La violenza di cui è stata vittima, i suoi otto anni di incarcerazione sono stati deformati perché un pubblico sprovveduto e disinformato identificasse la vittima con il colpevole.
Questa è la battaglia che dobbiamo affrontare.
Con partecipazione,
Lauren Booth
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