mercoledì 24 marzo 2010

Una Khutbah per l’AAFIA DAY




Giornata Mondiale per Aafia Siddiqui

Esempio di Sermone (Khutbah)

Venerdì 26 marzo 2010

Justice for Aafia Coalition

http://www.justiceforaafia.org

In verità i credenti sono fratelli (Corano XLIX. Al-Hujurat, 10)

Quante volte abbiamo ascoltato questa ayah (versetto)? Quante volte abbiamo parlato con gli altri, circa l’importanza della Fratellanza nell’Islâm?

Quanti di noi si dichiarano orgogliosi del concetto di fratellanza in questa nostra Ummah? Eppure quanti di noi hanno effettivamente considerato e riflettuto su questo Ayah?

Quanti di noi, orgogliosi della fratellanza islamica, hanno effettivamente considerato e capito questo concetto, così come fu compreso da coloro su cui fu rivelato?
Queste sono domande che dobbiamo porci, non c’è dubbio sul fatto che ar-Rahmân abbia concesso la Sua misericordia a questa nazione, legando ogni persona che testimoni la Sua Unicità attraverso un legame unico, il vincolo della fratellanza e della sorellanza, un legame che trascende razza, lingua, etnia e nazionalità.

Questo è un vincolo stabilito da Allah (‘azza waJalla), ed è di tale importanza da essere effettivamente legato alla fede stessa.

Il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse: “Nessuno di voi avrà fede finché non desideri per il suo fratello (Musulmano) ciò che desidera per se stesso” (Bukhârî).

E l’enormità di ciò è evidente, poiché sappiamo senza alcun dubbio che la chiave del Paradiso è la nostra stessa fede. Come disse il Profeta Muhammad (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Non entrerete in Paradiso finché non avrete fede, e non avrete fede finché non vi amerete gli uni gli altri” (Muslim)

Pertanto, la questione della fratellanza è di tale importanza da determinare la destinazione finale dell’individuo, in Paradiso o all’Inferno; allora come mai, poi, non ci prendiamo il tempo di riflettere sull’argomento, di comprenderlo, di metterlo in pratica nel modo dovuto?

Queste sono domande che dobbiamo porci, e nel momento in cui lo faremo, ci renderemo rapidamente conto di quanto la nostra comprensione sia enormemente lontana da quella di coloro che sappiamo la compresero nel modo migliore (tra i nostri Pii Predecessori e i Compagni del Profeta ‘alayhi-s-salatu wa-s-salam).

Volgiamo il pensiero indietro, all’epoca dei Compagni del Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam), e pensiamo a come essi compresero il concetto di fratellanza; scopriremo così tanti esempi da non poterli menzionare tutti. Come esempio più semplice, consideriamo la generale fratellanza tra i Muhajirîn e gli Ansâr:

Scopriremo che, quando la gente di Makkah emigrò a Madinah, fu ben accolta, a braccia aperte, nelle dimore, le famiglie e le attività dei suoi fratelli Musulmani.

I Musulmani di Madinah non fecero nulla di meno che offrire le loro stesse vite ai Musulmani di Makkah.

Quando fu stabilita tra loro la fratellanza, a coppie: un Muhajir per ogni Ansar, essi videro i loro “fratelli” come se lo fossero veramente, e onorarono questo nuovo legame, donando ai loro fratelli, equamente, tutto ciò di cui erano stati benedetti, in modo tale che i Muhajirîn non sentissero di aver lasciato indietro tutti i loro averi, avendo dovuto abbandonare la loro amata Makkah.

La sincerità nel prendere i Musulmani come loro fratelli, era fondata sulla pura comprensione dell’ayah:

che amano quelli che emigrarono presso di loro e non provano in cuore invidia alcuna per ciò che hanno ricevuto e che [li] preferiscono a loro stessi nonostante siano nel bisogno (Corano LIX. Al-Hashr, 9)

Quindi, essi fecero del loro meglio per dividere tra loro (le loro ricchezze), in modo che nessun Musulmano si sentisse inferiore ad un altro, e in modo che potessero sempre comprendere e sentire la fratellanza, indipendentemente dalla loro situazione.

Tuttavia, il loro attaccamento non si limitò ad una sola “benedetta” volta; al contrario, questo è ciò che possiamo osservare oggi. MashaAllah, alcune persone dimostrano la loro mugnificenza agli altri, dividendo con loro ciò di cui sono stati benedetti; tuttavia, quante volte accade che tale gentilezza si arresti appena la propria situazione divenga un po’ limitata!

Il più delle volte, anche quelli che donano apertamente e distribuiscono ciò di cui sono stati benedetti, smettono di dare quando le loro circostanze cambiano, e quando le difficoltà si presentano spezzano i legami di fratellanza, tornando a concentrarsi su loro stessi.

Rendetevi conto (amti fratelli e sorelle) che i Compagni (che Allah sia soddisfatto di loro) non erano così.

Pensate a come morì Ikrimah Ibn Abî Jahl, e consideratelo parola per parola, fratelli e sorelle: ecco che qui troviamo una manifestazione di vera fratellanza, anche nei momenti più difficili:

Nel corso della battaglia di Yarmuk, Ikrimah ibn Abî Jahl si lanciò all’attacco come una persona assetata dopo aver bevuto acqua fredda in una giornata canicolare. In uno scontro durante cui i Musulmani si trovavano sottoposti ad un feroce attacco, Ikrimah penetrò in profondità nelle fila dei Bizantini.

Khâlid Ibn al-Walîd si precipitò verso di lui dicendo: “Non farlo, Ikrimah. La tua morte sarebbe un duro colpo per i Musulmani”.

“Lasciaci avanzare, Khâlid”, rispose Ikrimah, ormai al culmine della motivazione: “Tu hai avuto il privilegio di stare in compagnia del Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) prima di ciò. In quanto a me e a mio padre, eravamo tra i suoi nemici più accaniti. Lasciami adesso espiare ciò che ho fatto in passato. Ho combattuto il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) in diverse occasioni. Dovrei ora fuggire i Bizantini? Che non sia mai”. Allora, chiamando a raccolta i Musulmani, gridò: “Chi giura di combattere fino alla morte?”. Quattrocento musulmani, inclusi al-Harith ibn Hisham e Ayyash ibn Abi Rabi’ah risposero al suo appello.

Quando la battaglia terminò, i corpi dei mujâhidîn giacevano feriti sul campo di battaglia, tra cui Al-Harith ibn Hisham, Ayyash ibn Abi Rabi’ah e Ikrimah ibn Abi Jahl. Al-Harith chiese dell’acqua da bere, ma quando gli venne portata, Ayyash lo guardò, e al-Harith disse: “Datela a Ayyash”.

Ma mentre la stavano portando a Ayyash, egli esalò l’ultimo respiro, dicendo: “Datela a Ikrimah”. Quando tornarono da al-Harith e Ikrimah, si accorsero che anch’essi erano morti.

Subhana-l-Malik! Pensate a questo hadîth. Pensate a come si conclusero queste grandi vite, eppoi pensate a come vi comportereste voi in una situazione simile…? Considerate queste morti, e consideratele alla luce delle parole del Messaggero (pace e benedizioni di Allah su di lui) che disse: “Nessuno di voi avrà fede finché non desideri per il suo fratello (Musulmano) ciò che desidera per se stesso” (Bukhârî).

Osservate la perfezione del loro sapere e della loro comprensione di questa ukhuwwa (fratellanza), con le azioni che hanno compiuto in punto di morte. Non sono forse azioni come queste che hanno fatto guadagnare a queste persone il favore di Allah, nella misura in cui sappiamo che Allah, secondo quanto ha Egli Stesso testimoniato, è stato soddisfatto di loro, ed essi di Lui?

La fratellanza non è qualcosa di cui si parla, ma qualcosa che viene esternata, in quanto trascende le relazioni terrene. Poiché se onorate i legami di fratellanza, sappiate che state creando un legame con Allah, come disse il Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam): “Allah sostiene il Suo servo finché il Suo servo sia di sostegno a suo fratello…” (Muslim).

E questo è qualcosa che i Compagni (che Allah sia soddisfatto di loro) compresero perfettamente. Perciò, troviamo che le parole di Ibn ‘Umar (che Allah sia soddisfatto del padre e del figlio) illustrino perfettamente la genuina fratellanza e un sincero amore per la gente del Tawhîd. Egli (radiAllahu ‘anhu) disse: “Per Allah, se dovessi digiunare tutto il giorno, e pregare tutta la notte, e spendere ogni spicciolo delle mie ricchezze per la causa di Allah, ma dovessi poi morire nel giorno per me stabilito senza avere nel mio cuore l’amore per le persone che Gli ubbidiscono (ad Allah), e l’odio per coloro che Gli disubbidiscono, tutte le azioni precedentemente menzionate non mi sarebbero di alcun vantaggio”.

Quindi, si tratta di una questione, fratelli e sorrelle, che dobbiamo trovare il tempo di considerare. Abbiamo bisogno di analizzarla, e analizzarla a livello pratico. Osserviamo le relazioni che vediamo attorno a noi, e consideriamole alla luce dell’hadîth del Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam): “Per Colui nelle Cui mani è la mia anima! Nessuno di voi entrerà nel Jannah finché non creda, e nessuno di voi crederà finché non vi amerete gli uni gli altri per amore di Allah” (Muslim).

Ora, siamo disposti a perdere il Jannah a causa del modo in cui ci comportiamo con gli altri? Oppure siamo disposti a fare un passo indietro, a correggere i nostri comportamenti e provare la nostra sincerità migliorando la qualità delle nostre relazioni con i nostri fratelli e sorelle?

Khutbah II

I Musulmani sono un unico corpo e un’unica struttura; ogni parte sostiene le altre e ogni membro prova il dolore che le altre membra provano.

Il Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse: “Il credente per il credente è come un edificio solido, una parte sostiene l’altra”. Ed intrecciò le dita per dimostrare il concetto (Bukhârî e Muslim).

Tuttavia, noi proviamo questo? Si tratta di una realtà ai nostri tempi? Noi sentiamo davvero il dolore dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, quando subiscono prove e tribolazioni? Ci sentiamo veramente male e soffriamo quando sentiamo parlare delle calamità che si abbattono su nostro fratello, su nostra sorella, sui Musulmani?

Fratelli e sorelle, in tutto il mondo l’onore dei Musulmani viene violato, viene annientato, viene semplicemente fatto a pezzi; tuttavia, ciò influisce il nostro modo d’agire? Di più: esso influisce forse sul nostro modo di sentire?

Il Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse: “La distruzione del mondo è meno grave dinanzi ad Allah dell’uccisione di un uomo Musulmano” (Tirmidhi)

Eppure, quanti Musulmani vediamo uccisi, e cambiamo semplicemente canale televisivo, o giriamo pagina?

Il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) disse: “Il sangue di un Musulmano è più sacro della Ka’bah” (Sunan Ibn Majah)

Subhana-l-Malik!!! Questa Ka’bah che amiamo tanto, la Ka’bah che riempie i nostri occhi di lacrime quando la visitiamo, vale meno di una singola goccia del sangue di un Musulmano. Tuttavia, cosa stiamo facendo in risposta allo spargimento di vite musulmane e del loro sangue?

Queste sono domande difficili, fratelli e sorelle, che dobbiamo raccogliere, e alle quali cercare di rispondere nel nostro cuore. Cosa stiamo facendo per i Musulmani il cui onore è violato?

Fratelli e sorelle: sappiate che l’unica cosa più difficile da sopportare dei Musulmani che vediamo uccisi sono i Musulmani che vengono torturati e umiliati per il loro Islâm. Gli oppressori sanno che Ahl as-Sunnah considerano la morte per la causa di Allah un privilegio, così preferiscono optare per torturarci, stuprarci, umiliarci, e – fratelli e sorelle – questo è ancora peggio. Come Allah (subhânaHu waTa’âlâ) dice:

E l’oppressione è peggiore dell’omicidio (Corano II.Al-Baqara, 191)

E – fratelli e sorelle – è questo che rende la questione così importante per noi, e per tale motivo ce ne occupiamo. Poiché questa ingiustizia è qualcosa in rapida crescita nelle terre in cui viviamo. L’oppressione contro i Musulmani è in aumento nei nostri stessi paesi e luoghi di residenza, allora come possiamo conciliare questo dato di fatto con l’hadîth del Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam):

“Il Musulmano è il fratello di un altro Musulmano. Non lo opprime, né lo abbandona in mani altrui” (Sahîh Muslim, libro 32, numero 6219).

Come possiamo noi sentirci a posto, lasciando i nostri fratelli e sorelle Musulmani sotto il giogo dell’altrui oppressione? Come è possibile che ci troviamo qui, sapendo ciò che hanno dovuto subire, e intanto non facciamo nulla per la nostra nobile sorella Aafia Siddiqui (che Allah la protegga)?

Fratelli e sorelle, vorrei passare il resto di questa khutbah a parlare di questa sorella; poiché potremmo, collettivamente e individualmente, fare qualcosa per lei, e porre un cambiamento nel modo di vedere, lavorarci sopra, vivere di conseguenza e coinvolgere i nostri fratelli e sorelle Musulmani.

Nostra sorella Aafia, una laureata presso la prestigiosa università MIT, con un dottorato a Brandeis, una hafidhah del Qur’ân (una donna che conosce a memoria l’intero testo coranico, ndt), ha trascorso gli ultimi sette anni sotto tortura, sottoposta ad umiliazioni, abusi fisici e psicologici; attualmente, dopo essere stata venduta dai governi Afghano e Pakistano ai loro padroni statunitensi, è detenuta in una prigione negli Usa, in attesa di giudizio per un crimine che non ha commesso.
Questa nostra sorella è stata rapita nel 2003 a Karachi, sulla strada che avrebbe dovuto condurla all’aeroporto; gli Stati Uniti hanno sempre negato il loro coinvolgimento, affermando di non aver mai fatto prigioniere delle donne. Per anni, la sua sorte e quella dei suoi figli è rimasta ignota. Tuttavia, nel 2007 Amnesty International, insieme ad altre organizzazioni per i diritti umani, l’ha identificata in un rapporto come qualcuno che “avrebbe potuto essere stato incarcerato” in una prigione segreta della CIA; e quando nel 2008 la storia è emersa alla luce del sole, si è scoperto che nostra sorella Aafia era stata effettivamente imprigionata nella base militare di Bagram, sotto custodia statunitense.

È stata poi rapidamente deportata negli Stati Uniti e sono stati avviati procedimenti giudiziari contro di lei, fabbricando accuse di tentato omicidio. Dal 2008, a causa delle sue precarie condizioni di salute, il suo caso è stato aperto e richiuso da parte dei tribunali degli Stati Uniti, e solo questo mese ella è stata condannata con accuse false per cercare di giustificare il tempo da lei trascorso in carcere.

La vicenda è stata riassunta incredibilmente bene da un giornalista, che ha parlato di lei dopo che era stata identificata come uno dei prigionieri di sesso femminile. Tutti coloro che hanno lasciato Bagram testimoniano di una sorella che veniva violentata quotidianamente, mentre (i torturatori) facevano credere loro che si trattasse della loro moglie, madre o sorella:

“Non so se la dottoressa Aafia abbia fatto o meno qualcosa di illegale, ma il modo in cui è stata sequestrata e consegnata nelle mani delle autorità statunitensi insieme ai suoi tre bambini innocenti è una violazione di qualsiasi basilare diritto umano, contro l’umana dignità. Cosa ne è stato dei valori morali, del rispetto della legge e dei Diritti Umani? Se avesse fatto qualcosa di male, avrebbe dovuto essere perseguita in tribunale e punita. Ma perché la sua detenzione illegale, insieme a 3 bambini – qualunque sia l’accusa – per 5 anni?”

Fratelli e sorelle, dove sono state le nostre voci, dove sono i nostri appelli, e dove le nostre azioni? L’onore della nostra sorella, e di molte altre come lei, a noi ignote, è stato violato, e questo fatto non è nemmeno all’ordine del giorno per noi – com’è possibile?

Lasciate che vi ricordi, fratelli e sorelle,un tempo in cui l’onore di un Musulmano era tale che il fatto di metterlo in dubbio avrebbe provocato ripercussioni tali da far tremare la terra.

Quando i Romani invasero Malatya (nell’odierna Turchia, ndt), molti cittadini furono uccisi, ed una donna fu catturata dai Romani; ella gridò: “Yâ Mu’tasimah!”, che si traduce “Oh! Mu’tasim!”… stava chiedendo aiuto.

Quando il califfo al-Mu’tasim fu informato di ciò, è riportato che avesse una coppa d’acqua in mano; la posò immediatamente (senza bere quell’acqua), schierando il suo esercito per rappresaglia contro i Romani.

Fratelli e sorelle, un intero esercito fu messo in marcia per rispondere all’appello di una sorella (oppressa) in quell’epoca, ed osiamo chiederci: almeno un du’a (invocazione) uscirà dalle nostre labbra, supplicando Allah di liberare la nostra sorella Aafia oggi? Cercheremo tutti i mezzi alla nostra portata per fare qualcosa per questa vittima del più grave reato del nostro tempo, il crimine di testimoniare LA ILAHA ILLA ALLAH?

Fratelli e sorelle, riflettete sullo stupefacente caso della nostra sorella. Pensate a come questa madre di tre figli ha trascorso gli ultimi sette anni essendo maltrattata, torturata, umiliata, eppoi riflettete sulle parole del Messaggero di Allah (su di lui la pace e le benedizioni di Allah): “Il Musulmano è fratello di un altro Musulmano; non deve opprimerlo, né consegnarlo nelle mani di un oppressore. Chiunque soddisferà le necessità di suo fratello, Allâh soddisferà le sue necessità; chiunque solleverà il suo fratello (Musulmano) da un disagio, Allâh lo solleverà da un disagio nel Giorno della Resurrezione, e chiunque proteggerà un Musulmano, Allâh lo proteggerà nel Giorno della Resurrezione” (Bukhârî).

Yâ Salâm!

Fratelli e sorelle, wa-l-hamdulillah non siamo gli ipocriti criminali che hanno consegnato questa sorella ai nemici di Allah (jalla fi’Ula), tuttavia non siamo tra coloro che traggono vantaggio dai propositi che il Messaggero (sallAllahu ‘alayhi waSallam) chiarì quando disse: “…Chiunque solleverà il suo fratello (Musulmano) da un disagio, Allâh lo solleverà da un disagio nel Giorno della Resurrezione, e chiunque proteggerà un Musulmano, Allâh lo proteggerà nel Giorno della Resurrezione”

Dobbiamo chiedere a noi stessi: cosa stiamo facendo per aiutare questa sorella e la sua famiglia? Cosa stiamo facendo come individui, come Jamm’ah, come comunità, per rispondere ai bisogni di questa sorella, questa ‘alimah (sapiente), questa mujahida, questa incarnazione della fede?

Stiamo facendo pressione per la sua liberazione?

Stiamo scrivendo delle lettere?

Stiamo donando del denaro per sostenere la sua famiglia nella sua difesa legale?

Stiamo fornendo le nostre competenze per risolvere il suo caso?

Ci stiamo alzando nel mezzo della notte per supplicare Allah al-Qawi, al-‘Azîz, di donare la Sua misericordia a questa sorella, e di continuare a darle la pazienza di cui ha bisogno per poter sopportare con successo la sua prova, e di provocare la distruzione di ogni singola anima che le abbia causato ogni attimo di dolore, imbarazzo o difficoltà?

Fratelli e sorelle, stiamo facendo tutte queste cose? Lasciatemi dire: stiamo facendo anche solo la metà di queste cose? Lasciatemi dire: stiamo facendo anche una sola di queste cose?

Se la risposta è “no”, allora non dobbiamo lasciare che questo giorno finisca, senza metterci in marcia per fare tutte queste cose. Avviamo un piano per tentare di far rispettare i diritti di questa sorella, e prego Allah di non punirci per non aver fatto di più per questa meravigliosa serva di Allah.

Ora, fratelli e sorelle, vi riferisco questa dichiarazione di questa sorella, per chiudere, e vi chiedo di rifletterci adesso, e per tutta questa giornata, con le parole di Allah fermamente nella vostra mente, al fine di poterci chiedere: siamo forse noi i protettori cui Allah (SubhânâHu waTa’âla) si riferisce nel Qur’ân, oppure siamo semplicemente miscredenti, così come il Maestoso chiarisce nel Suo Libro:

I credenti e le credenti sono protettori gli uni delle altre (Corano IX. At-Tawba, 71)

Dopo le parole di Allah (jalla wa ‘Āla), vi lascio con le parole di lei, fratelli e sorelle, vi lascio con queste parole che vorrei restassero fisse nella vostra mente, nel vostro cuore; e che risvegliassero i vostri sensi, e vi spingessero a stare svegli la notte, alzando le mani al cielo invocando il vostro Signore; le parole della vostra sorella, con cui si è rivolta al giudice, quando è stata condotta dinanzi alla corte:

“Il potere che avete dato loro di torturarmi, di stuprarmi, ed ogni volta che lasciate che mi perquisiscano nuda, mi hanno fatto morire. Sono morta la prima volta che mi hanno violentata, che mi hanno perquisita nuda, ed ogni volta che avete bisogno di portarmi dinanzi ad una corte mi perquisiscono nuda. Non vi considero un giudice, un tribunale, in questo paese. Lasciatemi stare, o restituitemi al mio paese!”

InshaAllah potete scaricare la khutbah in formato pdf cliccando sul link sottostante:

KHUTBAH Aafia Siddiqui Day

La Khutbah in arabo:

470_Aafia Siddiqui Khutbah Template Arabic

La Khutbah in inglese:

http://www.justiceforaafia.org/attachments/431_Aafia%20Siddiqui%20Khutbah%20Template.pdf

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