mercoledì 21 aprile 2010

Madeleine e Maryam: storia di due bambine

بسم الله الرحمان الرحيم

Il 3 maggio 2007, pochi giorni prima del suo quarto compleanno, una bambina inglese, Madeleine McCann, scomparve mentre si trovava in vacanza con i suoi genitori e due fratelli gemelli, nella regione portoghese dell’Algarve. Il 28 marzo 2003, un’altra bambina di quattro anni, Maryam Siddiqui, scomparve in Pakistan, insieme alla madre e a due fratelli. Maryam è ritornata a casa sua la scorsa settimana, in circostanze altrettanto bizzarre, sostenendo di essere stata rinchiusa in una “stanza fredda e buia” per sette anni, secondo alcune testimonianze a Bagram. A parte qualche voce solitaria che ha tentato di rendere noto questo caso, intorno alla questione vi è stato un silenzio internazionale, fino all’estate del 2008. Perché? Perché, a differenza di quello di Madeleine, il rapimento di Maryam sembra essere stato portato a termine per iniziativa del governo statunitense.

Madeleine e Maryam: storia di due bambine

Di Fahad Ansari

Coalizione Giustizia per Aafia

(Justice for Aafia Coalition – JFAC)

Il 3 maggio 2007, pochi giorni prima del suo quarto compleanno, Madeleine McCann, una bambina inglese, scomparve mentre si trovava in vacanza con i suoi genitori e due fratelli gemelli nella regione portoghese dell’Algarve. Nei mesi successivi, il caso ha avuto una copertura mediatica internazionale, con una copertura quotidiana in Gran Bretagna, Portogallo e nel resto del mondo. Oltre a indagini ufficiali da parte delle forze di polizia portoghesee britannica,almeno cinque imprese di investigatori privati furono ingaggiate da un magnate britannico, un ex investigatore sovrintendente della Polizia municipale, un gruppo di aziende statunitensi e un avvocato portoghese, con il compito di svolgere indagini. Seguirono elaborate ricostruzioni video e appelli televisivi da parte di celebrità per invitare chiunque a collaborare. Dopo tanti sforzi mondiali per ritrovare la bambina scomparsa, non è sorprendente che il nome di Madeleine McCann fosse divenuto l’argomento di conversazione nei caffè, dal parrucchiere, nelle scuole e nelle università in tutto il mondo. Tragicamente, nonostante tutti questi sforzi, Madeleine risulta fino ad oggi scomparsa.

Il 28 marzo 2003, un’altra bambina di quattro anni, Maryam Siddiqui, scomparve in Pakistan insieme alla madre e a due fratelli. Maryam è ricomparsa a casa sua, la settimana scorsa, in circostanze altrettanto bizzarre, sostenendo di essere stata rinchiusa in una “stanza fredda e buia” per sette anni, secondo alcune testimonianze a Bagram. A parte qualche voce solitaria che ha tentato di rendere noto questo caso, intorno alla questione vi è stato un silenzio internazionale, fino all’estate del 2008. Perché? Perché, a differenza di quello di Madeleine, il rapimento di Maryam sembra essere stato portato a termine per iniziativa del governo statunitense.

Vale la pena di scavare a fondo in questo caso, per comprenderne il contesto. Il 7 luglio 2008, in seguito ad una conferenza stampa tenuta in Pakistan dalla giornalista inglese Yvonne Ridley, il caso della madre di Maryam, Aafia Siddiqui, cominciò a ricevere copertura mediatica internazionale, e sfociò in una serie di inchieste politiche in Pakistan e nel Regno Unito. Dopo tutto, la signora Siddiqui e i suoi figli erano scomparsi da più di cinque anni nelle più misteriose circostanze. Appena due settimane dopo la conferenza stampa, l’amministrazione USA riferì che la signora Siddiqui era stata arrestata ai primi del mese dalle forze armate Afgane, con l’allora undicenne figlio Ahmed, fuori dal palazzo del governatore di Ghazni, presumibilmente con manuali per la fabbrica di esplosivi e “sostanze pericolose sigillate in barattoli” addosso. La signora Siddiqui fu poi estradata negli Stati Uniti e, nonostante una pletora di di discrepanze nelle prove a suo carico, è stata condannata nel gennaio 2010 per tentato omicidio nei confronti del personale militare statunitense in Afganistan. Nessuna accusa di terrorismo è stata mai avanzata contro di lei.
La signora Siddiqui e i suoi legali hanno sempre affermato che ella e i suoi figli furono rapiti nel 2003 e da allora incarcerati in prigioni segrete. La signora Siddiqui sostiene di essere stata torturata, stuprata e di aver subito abusi durante questo periodo, fino ad essere costretta a camminare nuda sopra una copia del Corano profanato. Durante la sua detenzione, non sapeva nulla delle condizioni dei suoi figli, anche se coloro che la interrogavano minacciavano di torturarli se lei non avesse collaborato. La madre della signora Siddiqui raccontò come un funzionario dei servizi segreti venne a casa sua una settimana dopo il fatto, avvertendola di non creare problemi per via della scomparsa di sua figlia, altrimenti non l’avrebbe mai più rivista. Sia il governo pakistano che i funzionari statunitensi di Washington negarono di essere in alcun modo a conoscenza della loro detenzione.
Tuttavia, alla fine di agosto del 2008, le menzogne cominciarono a venire a galla. In primo luogo, Michael G.Garcia, il procuratore generale degli Stati Uniti per la regione meridionale di New York, confermò in una lettera alla sorella della dottoressa Siddiqui, la dottoressa Fowzia Siddiqui, che il figlio [di Aafia], Ahmed, era rimasto in custodia dell’FBI dal 2003 e che si trovava in quel momento sotto la custodia del governo di Karzai in Afganistan. In precedenza, l’ambasciatrice statunitense in Pakistan, Anne W.Patterson, aveva affermato che Washington non fosse in possesso di alcuna informazione riguardo i bambini. Ahmed fu finalmente liberato e consegnato in custodia alla famiglia della dottoressa Siddiqui, in Pakistan, nel settembre 2009. Più tardi rilasciò una dichiarazione alla polizia di Lahore, affermando di essere stato imprigionato in un carcere minorile in Afganistan per anni. Nel febbraio 2010 Ahmed ha descritto come, quando egli, sua madre e i suoi fratelli uscirono di casa, quindici o venti persone, inclusa una “donna bianca” e membri dei servizi segreti pakistani, l’ISI, stavano aspettando dentro tre o quattro veicoli nella strada vicina, e successivamente li rapirono. Sua madre fu cacciata a forza in un’auto nera, e lui coi suoi fratellini in lacrime in un’altra auto.

Domenica 4 aprile 2010, una bambina di dodici anni è stata accompagnata da uomini non meglio identificati nella residenza della famiglia, a Karachi. La bambina ha detto alla famiglia Siddiqui che il suo nome è Fatima, e di poter parlare soltanto inglese e farsi. Giorni dopo, il Ministro degli Interni pakistano, Rehman Malik, ha rivelato che il test del DNA ha dimostrato che quello della bambina combaciava con quello di suo fratello Ahmed e con quello dell’ex marito della dottoressa Siddiqui, il dottor Amjad Khan, confermando che ella fosse, in effetti, Maryam, la figlia scomparsa di Aafia Siddiqui. Il Presidente del Comitato permanente degli Interni pakistano, senatore Talha Mehmood, in seguito ha dichiarato che Maryam è stata recuperata dalla base aerea di Bagram, in Afganistan, dove stava con un uomo americano di nome “John”. Egli sostiene che sia stata detenuta in una “stanza fredda e buia” nella base aerea di Bagram negli ultimi sette anni.

Il figlio più piccolo di Aafia Siddiqui, Suleman, che aveva solo sei mesi al momento della scomparsa, rimane introvabile. Sono circolate voci apparentemente confermate dal legale della dottoressa Siddiqui, Elaine Sharpe, dopo il suo processo , secondo cui il bambino sarebbe stato ucciso al momento del rapimento. Alla dottoressa Siddiqui sarebbe in seguito stata mostrata una fotografia del suo bambino, che giaceva in una pozza di sangue. Non è possibile sapere con certezza, al momento, se sia ancora vivo oppure no.

Indipendentemente dalle accuse mosse contro la dottoressa Aafia Siddiqui, è necessario rispondere a molte domande riguardo la scomparsa e l’apparente detenzione dei suoi tre bambini. Il mondo è rimasto scioccato quando è emerso che degli adolescenti sono stati detenuti nella baia di Guatanamo. Alcuni di essi, come il cittadino canadese Omar Khadr, sono diventati adulti durante la loro prigionia, e sono tuttora prigionieri. In questo caso, ci stiamo occupando di bambini che sono stati trattati come sospetti terroristi.

Che anche ora, dopo che le menzogne del governo statunitense sono infine venute a galla, mentre le strade pakistane sono state invase da manifestanti, e dopo che sono state organizzate veglie di una settimana a Londra e a New York, i mass media occidentali continuino a rifiutarsi di segnalare questo caso, la dice lunga sullo stato di rifiuto che continuano a manifestare. Contrariamente al caso di Madeleine McCann, che sembrerebbe essere stato un normale sequestro di persona compiuto da ignoti, è un pensiero ancora più inquietante la supposizione che, nel caso di Maryam, il governo degli Stati Uniti possa aver imprigionato questi bambini piccoli in un centro di detenzione per stranieri, noto per la tortura e l’uccisione dei prigionieri ivi praticate, lontani da tutto, famiglia e amici, per sette anni. È ancora più orribile pensare che possano aver ucciso un neonato durante il rapimento.
La tragica realtà è che Maryam non è la prima bambina di quattro anni ad essere stata fatta prigioniera durante la “Guerra al Terrorismo”. Una bambina di quattro anni americana, Rahma Maldonado, e la keniota Hafsa Swaleh, fanno parte degli altri bambini della stessa età detenuti in condizioni disumane lontani dai loro genitori nel Corno d’Africa. Il loro crimine? Erano figli di sospetti terroristi. Anche se la loro detenzione è stata molto più breve, il fatto che essa abbia suscitato scarsa, se non nulla attenzione da parte dei mass media occidentali, suggerisce che, quando si tratti di bambini musulmanni imprigionati nella Guerra al Terrorismo, non tutti i bambini siano uguali.

Non sapremo mai tutta la verità e la realtà di ciò che Ahmed, Maryam e Suleman hanno dovuto subire negli ultimi sette anni, ma i mezzi d’informazione occidentali dovrebbero essere fedeli ai principi del giornalismo investigativo e almeno porre queste domande difficili, non importa quanto potrebbero essere dolorose le risposte. Madeleine McCann e Maryam Siddiqui erano due bambine, appartenenti a due mondi diversi, ma che hanno vissuto la stessa realtà, il rapimento. Per entrambe, è stato il momento peggiore. Allora, perché il doppio standard?

Fahad Ansari è il portavoce della JFAC

lunedì 12 aprile 2010

MARIAM, RAPITA A 4 ANNI, PRiGIONIERA PER 7 ANNI NEL CENTRO DI TORTURA DI BAGRAM


In risposta alle informazioni fornite dal senatore Talha Mahmood durante la conferenza stampa di sabato scorso, in Pakistan, secondo cui la figlia di Aafia Siddiqui, Mariam, che aveva quattro anni al momento del suo rapimento, è stata imprigionata negli ultimi sette anni in una “fredda camera scura” a Bagram, la fondatrice della Coalizione Giustizia per Aafia (Justice for Aafia Coalition – JFAC), Maryam Hassan, ha commentato:

“Dopo tanti anni di ripetute smentite, dopo aver dichiarato di non sapere nulla della sorte dei figli di Aafia Siddiqui, le menzogne del governo americano sono finalmente state rivelate alla luce del sole, nonostante molte domande inquietanti restino senza risposta.

Malgrado la gioia di sapere che Mariam sia stata finalmente liberata, e che si sia potuta ricongiungere in seno alla famiglia di Aafia – e noi preghiamo che la loro verifica indipendente dell’identità della bambina confermi le dichiarazioni del governo – dobbiamo ancora chiederci: cosa ne è stato del figlio minore di Aafia, Sulyman, che aveva soltanto sei mesi al momento del suo rapimento?

Per anni sono state diffuse voci angoscianti sull’eventuale uccisione di Sulyman, in una prigione americana; ad Aafia sarebbero state mostrate le foto del bambino, che giaceva in una pozza di sangue. Deve essere immediatamente reso noto cosa ne sia stato di lui.

Il silenzio assordante dei mass media e delle organizzazioni internazionali dinanzi ad un caso di detenzione di una bambina di 4 anni, separata dai genitori e imprigionata in condizioni inumane per 7 anni nella prigione di Bagram – mondialmente nota per i casi di tortura e omicidio dei prigionieri – è allo stesso tempo scandaloso e rivoltante.

Sette anni, che sono 7 anni di troppo, sono passati, e un’inchiesta sulle circostanze della loro scomparsa, detenzione e torture, attesa da tanto tempo, è ora una questione urgentissima. I responsabili devono ora renderne conto”.

Justice for Aafia


sabato 10 aprile 2010

HUMAN RIGHTS RALLY FOR AAFIA SIDDIQUI



Una marcia di protesta è stata indetta per il 6 maggio prossimo (giorno in cui è prevista la sentenza), a New York, in solidarietà alla dottoressa Aafia Siddiqui.

Per maggiori informazioni:

http://www.justiceforaafia.org/index.php/events/icalrepeat.detail/2010/05/06/47/107/MmFhOTlmMzU5ODk1YWFmOWEwZjI2ZDVhZWM5NmU3MGE=/ny-human-rights-rally-for-aafia-siddiqui


Secondo il Governo Pakistano la dodicenne accompagnata a casa di Fauzia sarebbe Mariam



Il Governo Pakistano ha formalmente dichiarato che la dodicenne accompagnata da uno sconosciuto a casa della dottoressa Fauzia, sorella di Aafia, sarebbe veramente Mariam. Il DNA della bambina è stato infatti comparato a quello di Ahmed, il figlio maggiore di Aafia, liberato nel 2008.

La dottoressa Fauzia ha dichiarato che la famiglia condurrà un’inchiesta indipendente per confermare l’identità della bambina, che parla soltanto inglese e persiano

Fonte: http://www.justiceforaafia.org/index.php/articles/articles/507-reports-dna-proves-girl-as-aafias-daughter-malik

Discorso di Massoud Shadjareh alla marcia di protesta londinese (28 marzo 2010)

Discorso di Yvonne Ridley alla marcia per Aafia in Pakistan

Il servizio di Islam Channel sulla marcia di protesta londinese

martedì 6 aprile 2010

La ragazzina condotta a casa di Fauzia Siddiqui NON e' Mariam...





Karachi: la dottoressa Fauzia Siddiqui, sorella di Aafia, ha confermato oggi che la ragazzina undicenne, accompagnata ieri a casa sua da uno sconosciuto, NON e' Mariam, la bambina della dottoressa Aafia, che risulta tuttora scomparsa insieme al fratellino Sulyman

Justice For Aafia Coalition