lunedì 30 agosto 2010

Un 'Aid senza Aafia...



La Coalizione Giustizia per Aafia (JFAC) presenta:

Un ‘Aid senza Aafia



Sabato 18 settembre 2010

dalle h. 14.00 alle h. 19.30

Salaam Centre (313-319 Katherine Road – Forest Gate, E7 8PJ)

Mentre i Musulmani in tutto il mondo celebrano ‘Aid al-Fitr nella quiete delle loro case e in compagnia di familiari e amici, la Coalizione Giustizia per Aafia intende ricordare Aafia Siddiqui, che ha trascorso il suo ottavo Ramadan in prigionia, e che trascorrerà la Festa della Rottura del Digiuno in una fredda cella nel carcere di New York, mentre le viene negate ogni contatto coi suoi cari.



L’Ora Finale… aspettiamo con Aafia…

La sentenza per Aafia è prevista per le 9.00 di mattina del 23 settembre, a New York.

La Coalizione Giustizia per Aafia organizza una veglia davanti all’Ambasciata statunitense di Londra.

Siate la sua voce, restate con Aafia…

Le prime dichiarazioni pubbliche del figlio di Aafia Siddiqui riguardo la sua scomparsa e la sua detenzione





La Coalizione Giustizia per Aafia (JFAC) ha reso note, lo scorso 23 agosto, le prime sensazionali dichiarazioni di Ahmed Siddiqui, il figlio maggiore di Aafia Siddiqui, rese ad un ufficiale dei servizi segreti appena dopo la sua liberazione dalla detenzione da parte degli Stati Uniti, nel 2008.

Egli ha rivelato per la prima volta i dettagli del loro sequestro, nel 2003, e alcune informazioni sulla sua detenzione, durante i cinque anni della sua scomparsa. La dichiarazione è tratta da un documento fornito dalla giornalista Britannica Yvonne Ridley.

Ahmed afferma:

“Non ricordo la data precisa, ma sembra molto tempo fa. Ricordo che stavamo andando a Islamabad in auto, quando fummo fermati da diverse autovetture, e alcuni furgoncini. Mia madre gridava, e anch’io gridai quando mi tirarono fuori. Mi guardai intorno e vidi il mio fratellino a terra, e c’era del sangue. Mia madre piangeva e urlava. Poi mi misero qualcosa sulla faccia, e non ricordo più nulla.

Quando mi svegliai, ero in una stanza. C’erano soldati americani in uniforme e alcuni in borghese. Mi hanno tenuto in diversi luoghi. Se piangevo o non ascoltavo, mi picchiavano, mi legavano e mi incatenavano. Alcuni parlavano Inglese, altri Pashtu e Urdu. Non avevo il coraggio di chiedere loro chi fossero. A volte, per molto tempo, sono rimasto solo in una piccolo stanza. Poi sono stato condotto in una prigione minorile, dove c’erano un sacco di altri bambini.

L’impiegato del consolato Americano, che venne a trovarmi nel carcere di Kabul, mi disse: “Ti chiami Ahmed. Sei Americano. Il nome di tua madre è Aafia Siddiqui e il tuo fratellino è morto”. Dopodiché mi fecero uscire dal carcere per bambini e incontrai il personale consolare pakistano, e parlai con mia zia (Fowzia Siddiqui)”.

mercoledì 25 agosto 2010

In memoria di Faraj Hassan Alsaadi (rahimahullah)







Gli occhi piangono, il cuore è triste, ma non diciamo se non ciò che è gradito al nostro Signore.

È con immensa tristezza che vi diamo notizia della morte di Faraj Hassan Alsaadi, che ha perso la vita in un tragico incidente motociclistico lo scorso 16 agosto, alle ore 9.00 del mattino.

Inna lilLâhi wa inna ilayhi raji’ûn – Ad Allah apparteniamo e a Lui faremo ritorno.

Faraj Hassan è morto durante questo mese benedetto di Ramadan, in stato di digiuno. Poche ore prima, aveva guidato salatu-l-maghrib e salatu-t-Tarawih, alla manifestazione davanti all’ambasciata americana di Londra, per chiedere il reimpatrio di Aafia Siddiqui.

La sua ultima notte in questo mondo, l’ha spesa in difesa di sua sorella Aafia.

Faraj Hassan, giunto nel Regno Unito nel 2002, per sfuggire alle persecuzioni nella sua natìa Libia, fu arrestato poco dopo, e trascorse quasi 8 anni, ingiustamente, tra prigionia e arresti domiciliari, fino al novembre 2009, quando fu completamente scagionato da ogni accusa.

Nei suoi otto mesi da uomo libero, si è impegnato in difesa dei prigionieri e delle loro famiglie, in particolare collaborando con la Coalizione Giustizia per Aafia (Justice for Aafia Coalition). Durante la manifestazione Seven Days for Seven Years, nel maggio scorso, rimase costantemente fuori dall’ambasciata Americana, nonostante la pioggia battente e la mancanza di riparo. Essendo Hâfidh al-Qur’ân, fu poi invitato a dirigere le preghiere, sempre davanti all’Ambasciata, durante il mese di Ramadan.

Il nostro pensiero e le nostre preghiere sono per la famiglia di Faraj in questo momento difficile. Egli lascia tre figlioletti, di meno di 9 anni. Chiediamo ad Allah di donare loro una forza, una pazienza e uno spirito di lotta che superino quelli del loro padre, amin.

Incoraggiamo i fratelli e le sorelle a scrivere un messaggio di condoglianze alla sua famiglia, e a fare una donazione inshallah.

Speriamo che coloro che leggeranno queste poche righe possano trarre ispirazione dalla sua vita e dalla sua morte.

Il Messaggero di Allah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse: “Quando Allah vuole un bene per il Suo servo, Egli lo utilizza”. I Sahaba chiesero: “Oh Messaggero di Allah, e come lo utilizza?”. Rispose: “Egli gli assicura il Tawfîq (la guida) per compiere delle buone azioni appena prima della sua morte” (At-Tirmidhi, hasan sahîh).



martedì 24 agosto 2010

Campagna per ritrovare Suleman, il bambino scomparso di Aafia Siddiqui





La Coalizione Giustizia per Aafia (Justice for Aafia coalition) ha lanciato una campagna per ritrovare il bambino scomparso di Aafia Siddiqui, Suleman Fatih Muhammad, scomparso all’età di sei mesi, il 28 marzo 2003. Secondo la testimonianza di suo fratello Ahmed, il bambino venne gettato a terra nel corso del rapimento, ed egli lo vide in una pozza di sangue. Anche a sua madre Aafia, durante le torture, venne mostrata una foto del bambino in una pozza di sangue.

Mentre gli altri due bambini, Ahmed e Maryam, dopo anni di detenzione e torture, sono infine stati liberati e vivono oggi con la nonna e la zia materna, non vi sono notizie ufficiali di Suleman.

I bambini di Aafia Siddiqui non sono gli unici minorenni ad aver subito detenzione segreta e torture come mezzo di pressione contro i loro genitori. Due dei figli di Sheikh Mohammed, dell’età di 6 e 8 anni, sono stati detenuti a Karachi, e secondo la testimonianza dell’ex detenuto Mohammad Khan (fratello del prigioniero di Guantanamo Majid Khan) furono torturati dalle guardie, che li privarono perfino di cibo e acqua, lasciando che degli insetti scarnificassero le loro gambe, intimando loro di confessare ciò che il loro padre nascondeva.

Gli Usa impiegarono la stessa tattica nel Corno d’Africa, imprigionando una bambina di 4 anni, Hafsa Swaleh Ali, e i figli di Daniel Maldonado in condizioni atroci.

La Coalizione Giustizia per Aafia chiede di scrivere lettere di protesta alle autorità americane e pakistane, chiedendo una inchiesta indipendente riguardo alle circostanze in cui Suleman è scomparso, cosa gli è accaduto in tutti questi anni, dove si trova attualmente e quali siano le sue attuali condizioni fisiche e psicologiche. Chiedendo altresì che la famiglia di Suleman venga immediatamente messa al corrente di qualsiasi informazione che lo riguardi.

Per maggiori informazioni>>>

sabato 14 agosto 2010

Firmate la nuova petizione inshallah...





In questo mese benedetto, inshallah non dimentichiamo nostra sorella Aafia nei du’a, firmiamo la nuova petizione per la sua liberazione, e inviamole un messaggio di sostegno,

Jazakumullahu khayran

Wa-s-salâm,

Umm Yahyâ

giovedì 12 agosto 2010

lunedì 2 agosto 2010

La sentenza per Aafia nuovamente rinviata



Il giudice Berman ha nuovamente rinviato la data della sentenza per Aafia Siddiqui, spostandola dal 16 agosto al 23 settembre.

La sentenza è prevista alle 9.00 del mattino, a New York (Federal Courthouse, 500 Pearl Street, Manhattan)


Il sito FreeAafia chiede a tutti i fratelli e sorelle del mondo di inviare ad Aafia una cartolina in occasione dell’imminente Ramadân inshallah.

I messaggi possono essere spediti al seguente indirizzo inshallah:

AAFIA SIDDIQUI # 90279-054

MDC BROOKLYN

METROPOLITAN DETENTION CENTER

P.O. BOX 329002

BROOKLYN, NY 11232

USA

Inshallah, come consigliato dalla sua famiglia e dai suoi legali, NON discutete del caso dal punto di vista giuridico, ma limitatevi ad inviarle un messaggio di sostegno e a pregare per lei e i bambini, jazakumullahu khayran,

Wa-s-salâm