lunedì 30 agosto 2010

Le prime dichiarazioni pubbliche del figlio di Aafia Siddiqui riguardo la sua scomparsa e la sua detenzione





La Coalizione Giustizia per Aafia (JFAC) ha reso note, lo scorso 23 agosto, le prime sensazionali dichiarazioni di Ahmed Siddiqui, il figlio maggiore di Aafia Siddiqui, rese ad un ufficiale dei servizi segreti appena dopo la sua liberazione dalla detenzione da parte degli Stati Uniti, nel 2008.

Egli ha rivelato per la prima volta i dettagli del loro sequestro, nel 2003, e alcune informazioni sulla sua detenzione, durante i cinque anni della sua scomparsa. La dichiarazione è tratta da un documento fornito dalla giornalista Britannica Yvonne Ridley.

Ahmed afferma:

“Non ricordo la data precisa, ma sembra molto tempo fa. Ricordo che stavamo andando a Islamabad in auto, quando fummo fermati da diverse autovetture, e alcuni furgoncini. Mia madre gridava, e anch’io gridai quando mi tirarono fuori. Mi guardai intorno e vidi il mio fratellino a terra, e c’era del sangue. Mia madre piangeva e urlava. Poi mi misero qualcosa sulla faccia, e non ricordo più nulla.

Quando mi svegliai, ero in una stanza. C’erano soldati americani in uniforme e alcuni in borghese. Mi hanno tenuto in diversi luoghi. Se piangevo o non ascoltavo, mi picchiavano, mi legavano e mi incatenavano. Alcuni parlavano Inglese, altri Pashtu e Urdu. Non avevo il coraggio di chiedere loro chi fossero. A volte, per molto tempo, sono rimasto solo in una piccolo stanza. Poi sono stato condotto in una prigione minorile, dove c’erano un sacco di altri bambini.

L’impiegato del consolato Americano, che venne a trovarmi nel carcere di Kabul, mi disse: “Ti chiami Ahmed. Sei Americano. Il nome di tua madre è Aafia Siddiqui e il tuo fratellino è morto”. Dopodiché mi fecero uscire dal carcere per bambini e incontrai il personale consolare pakistano, e parlai con mia zia (Fowzia Siddiqui)”.

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